Diario del Gruppo di lettura "Come un romanzo"

In biblioteca è attivo il Gruppo di Lettura "Come un romanzo". Ogni mese i partecipanti si incontrano per condividere riflessioni su opere letterarie, scoprire nuovi autori e confrontarsi in un ambiente stimolante.
Data:

13/01/2023

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Diario del Gruppo di lettura

12/06/2025

L’uomo duplicato” di José Saramago ha incontrato il parere favorevole di tutti o quasi. Si è riscontrata una certa difficoltà a familiarizzare con lo stile di scrittura dell’autore, che presenta periodare lunghissimo e quasi assenza di punteggiatura e di discorsi diretti. Tuttavia,  superate queste difficoltà, con un po’ di esercizio di lettura, le storie che lo scrittore portoghese propone partono quasi sempre da un paradosso e/o da un topos classico, rivisitato in chiave moderna. Questa volta si tratta del tema del doppio.

Tertuliano, il protagonista, scopre casualmente di avere un sosia identico fisicamente a  se stesso.  Lo vuole incontrare, per curiosità o per noia? È la domanda che il gruppo si pone.

Nel doppio di Saramago non esistono la parte malvagia e benevola, i ruoli si interscambiano all’interno di un “siparietto” di vita, nel quale i personaggi conducono le proprie esistenze in modo ordinario. Tertuliano è un uomo pignolo, abitudinario, che scansa problemi e relazioni complesse che richiedano una certa dose di responsabilità e coscienza. È un uomo inetto, prevalentemente passivo. Ma che cosa succede se l’assurdo diventa realtà, se si scopre di non essere unici? Mettendo in evidenza il problema  e i rischi della massificazione moderna, Saramago lascia che i personaggi possano ricavare piaceri effimeri dalla loro doppiezza, che diventa vendetta e ambiguità: si scambiano le proprie vite, le proprie donne, l’intimità, nascondendosi dietro la maschera del doppio. C’è, nel gruppo, chi si chiede come l’autore arrivi a risolvere questo eccesso di doppiezza. Saramago lascia un finale aperto, ed è lì che si pone il dilemma morale del lettore: giunti al massimo della spersonalizzazione, che cosa farà Tertuliano?

L’assenza di unicità, dice qualcuno, è già presente in ciascuno di noi. Quante volte ci giudichiamo, ci puniamo con pensieri sentenziosi, spingiamo le nostre scelte verso una certa direzione, per poi pentircene. L’uomo, oggi, fa fatica a trovare il proprio centro, si rischia continuamente di perdere la propria identità, per la richiesta di omologazione e di standardizzazione generale.

Si evidenzia un dettaglio del romanzo che ha colpito soprattutto chi ha insegnato, la visione della toria. Tertuliano è un docente di Storia, che riflette sulla possibile efficacia di un metodo diverso: come sarebbe insegnare la storia dal presente al passato, dall’oggi all’indietro, per cogliere i semi causali che hanno portato alle attuali conseguenze? Ma anche questa ricerca viene abbandonata dal protagonista, che è troppo pigro, demotivato, troppo aderente ad un sistema che appiattisce. Qualcuno osserva che Tertuliano sembra un personaggio in contraddizione, tanto pignolo e preciso su alcuni aspetti della propria vita personale, quanto generico ed approssimativo negli altri aspetti relazionali, soprattutto verso la compagna, l’amante e la madre. Il personaggio non ha ideali, né entusiasmi e Saramago ne osserva e analizza, con metodo scientifico, le piccole ordinarie abitudini quotidiane.

I lettori si chiedono se si può restare uguali interiormente. Ogni giorno cambiamo, litighiamo con noi stessi, pensiamo di aver fatto bene e poi ci accorgiamo di aver sbagliato e riprendiamo sempre questo pensiero ciclico, nel quale siamo sia i giudicati che i giudici. Il doppio è presente all’interno di ciascuno di noi, perché non siamo mai sicuri di come siamo e di chi siamo. Non siamo univoci.

La scrittura di Saramago offre una scia continua di digressioni e riflessioni, che non lasciano mai nulla al caso. È un autore onnipresente, che guarda con la lente di ingrandimento lo scorrere della vita dei suoi personaggi, persino nei momenti apparentemente più irrilevanti, come quando Tertuliano lascia al caso la scelta di mangiare, correggere i compiti o guardare la videocassetta. Sono questi i momenti del libro in cui le situazioni, sotto la penna di Saramago, sono non solo assurde, ridicole ed ironiche ma soprattutto prosaicamente reali.

E il concetto di identità che Saramago ci propone, è esteriore o interiore? Il rifiuto di non essere unici diventa l’ossessione, come forse il finale disvela. Al lettore la scelta.

Il Gruppo di Lettura se ne va in vacanza per i mesi di luglio e agosto, dandosi appuntamento a settembre

 

08/05/2025

Ci sono dei libri che incontrano il favore incondizionato di una fascia di lettori che ama un genere specifico, a prescindere dalla qualità del loro contenuto; “Il suggeritore”, l’opera prima di Donato Carrisi, è un thriller psicologico che va incontro alle esigenze di quel pubblico, con il vantaggio di essere indubbiamente scritto bene.

L’abilità dell’autore di frullare tutti gli artifici letterari e psicologici per tener insieme una trama fitta e piena di colpi di scena, è la chiave che apre le porte della curiosità di quei lettori che non amano questo genere come quei componenti del nostro Gruppo di Lettura che, comprensibilmente, si sono sentiti turbati dalle scene macabre che costellano la narrazione ma, nonostante ciò, si sono sforzati di proseguire la lettura per vedere come va a finire.

Certo: alcune situazioni appaiono inverosimili, altre hanno soluzioni che sembrano tirate per i capelli; in compenso la descrizione psicologica dei personaggi è sempre centrata e costruita da uno che se ne intende.

Carrisi fa succedere di tutto in modo fluente costruendo il suo racconto come fosse un film che scorre su un flusso di pensiero che, spesso, si stacca da quello del narratore e prosegue con quello dei personaggi: è un autore, quindi, che non ha nulla da invidiare ai best- sellers stranieri.

Inoltre è bravo a descrivere il Male e a farci capire che tutti noi potremmo essere dei potenziali “mostri” se solo ci trovassimo in certe situazioni traumatiche perché il Male è ovunque e ci costringe ad interrogarci continuamente se, sotto al tappeto del nostro intimo, si annidi il virus di qualche negatività pronto a sfuggire al nostro controllo: inquietante, vero?

Di fronte a un libro così può aver senso chiedersi banalmente se sia piaciuto o no?

Ci lasciamo con questo interrogativo e ci diamo due appuntamenti:

1)      Il 26 maggio ( per chi vuole) ci troviamo per l’allestimento della vendita dei libri scartati dalla Biblioteca di Pergine, che si terrà nei giorni 27/28/29 dello stesso mese.

2)      Il 12 giugno ci si ritrova in Biblioteca dopo aver letto: “L’uomo duplicato” di Josè Saramago.

 

 

10/04/2025

Le ceneri di Angela” di Frank McCourt si affronta con un po’ di fatica a causa di una scrittura piuttosto serrata; ci si chiede, tra i presenti, il significato del titolo perché nel romanzo è difficile dargli un senso.

L’autore ha una notevole capacità di rendere visibile il (tremendo) vissuto descritto: lo fa con grande ironia che stempera il dramma di un’infanzia vissuta nella miseria più nera.

È un gran bel libro con un titolo simbolico: che cosa rimane infatti di questa madre, Angela,  che ha dato tutto quel che poteva per la sua famiglia? Forse alcune pagine potevano essere tagliate senza togliere nulla alla comprensione complessiva; c’è tanta sofferenza ma lo stile e l’ironia dell’autore la rende sopportabile agli occhi del lettore.

A rileggere “Le ceneri di Angela” a distanza di anni lo si apprezza ancora però la maturità di chi legge ha sfumato la leggerezza ed il (quasi) divertimento che suscitava.

McCourt possiede una scrittura asciutta che tratteggia episodi indimenticabili: davvero notevole è la sua capacità di saltare da uno Spazio/Tempo all’altro con grazia e disinvoltura.

Si partecipa davvero alle vicende dei suoi personaggi poiché la tecnica del Verismo italiano gli riesce spontanea.

“Le ceneri di Angela” è diventato un caso letterario perché, a differenza di un Dickens, racconta vicende strappalacrime con gli occhi ingenui e divertiti di un bambino; questo miracolo gli riesce finché il protagonista è un fanciullo, dal momento che cresce anche la narrazione matura con lui e diventa ( si fa per dire) normale.

C’è un grande coinvolgimento emotivo e c’è amore in questa famiglia nonostante le miserie ed un padre decisamente non all’altezza del suo compito genitoriale.

E le ceneri di Angela? Forse sono quelle smosse da lei nel caminetto in un punto del libro in cui lei non riesce a guardare negli occhi chi le si rivolgeva in un tono troppo duro.

Per il prossimo incontro, Giovedì 8 maggio, decidiamo di cambiare completamente genere leggendo: “Il Suggeritore” di Donato Carrisi.

 

 

13/03/2025

Nonostante l’esiguità del numero dei partecipanti, il confronto appassionato non è mancato: “Abbandono” di Elisabeth Åsbrink è stato molto apprezzato.

L’autrice ha saputo puntare lo sguardo su un pezzo di storia poco conosciuto, come quello degli ebrei sefarditi, e sui fatti accaduti in Grecia durante il secondo conflitto mondiale, intersecandoli con la complicata vita dei personaggi.

Si è rivelata molto efficace l’analisi dei sentimenti femminili come pure la condizione delle donne; forse la ricerca delle proprie origini sarebbe stata “letterariamente” più efficace se ci fosse stato qualche dialogo in più tra Katherine e la nonna o la mamma.

“Abbandono” è un lavoro particolare che la stessa autrice prova a definire in una premessa: “…è un romanzo, una saga familiare, un romanzo-verità o semplicemente un libro.”

La sua scrittura è il risultato di un’urgenza, di un’esplosione interiore che deve trovare sfogo nella parola scritta, non importa sotto quale forma; una scrittura, quindi, che si rivolge prima di tutto a se stessa e solo accidentalmente diviene romanzo per altri lettori.

La narrazione esalta soprattutto i personaggi femminili nella loro caparbietà di superare i molti ostacoli, a partire dalla stessa Katherine – alter ego della scrittrice.

La forza delle donne è ripetutamente affermata e condivisibile tuttavia, a volte, diventa un messaggio ipertrofico che rischia di diventare monotematico e di perdere, quindi, di incisività.

Per la prossima volta, Giovedì 10 aprile, leggeremo: “Le ceneri di Angela” di Frank McCourt

 

 

13/02/2025

Questo è uno di quei casi dove la fama del film ha condizionato parecchio, nel bene e nel male, il giudizio sul libro.

Chi non ha mai visto o sentito parlare di “Colazione da Tiffany”? L’immagine della bellissima Audrey Hepburn, con quel lunghissimo bocchino, probabilmente fa parte di quelle icone intramontabili che hanno accompagnato più di una generazione.

Però il libro di Truman Capote è tutta un’altra cosa e questa dicotomia artistica è stata marcata decisamente nel corso della vivace discussione; il romanticismo del film, per esempio, è completamente assente nel libro e, di conseguenza, sul grande schermo mancano diversi temi “scabrosi” che danno spessore al libro, pur se toccati con un taglio giornalistico.

Ma è il personaggio di Holly che rompe gli schemi perché è una donna assolutamente diversa dagli stereotipi degli anni ’50: indipendente, scaltra quanto ingenua, sulla bocca di tutti quando nessuno sa niente di lei, affettuosa ma sfuggente come un gatto.

Ecco: questo animale appare e scompare come l’emblema dell’ambiguità dei rapporti tra gli attori di questa strana commedia umana.

Il libro è scritto bene, conserva una sua freschezza a dispetto dell’età (1958) e riesce, con poche pennellate, a delineare la complessità psicologica del personaggio femminile: Holly è una poveretta? Una furbacchiona? Un’oca giuliva? Un’approfittatrice?

Sicuramente è una che cerca il proprio posto nel mondo con una spavalderia, di sostanza o di facciata, che spiazza chiunque entri in contatto con lei.

Istintivamente vien da pensare che il suo coinquilino, l’aspirante scrittore, sia l’alter ego di Truman Capote ma è un inganno: è Holly il vero alter ego! “Colazione da Tiffany”, a detta dei componenti del gruppo, è praticamente l’autobiografia di Truman Capote.

Per concludere: la differenza tra il film e il libro è che il primo è moralistico, il secondo no.

Per la prossima volta, Giovedì 13 Marzo, leggeremo: “Abbandono” di Elisabeth Åsbrink

 

 

09/01/2025

“Il Castello” di Franz Kafka è un caleidoscopio di interpretazioni: l’atmosfera cupa dai contorni indefiniti avvolge il lettore in una sorta di incubo da dormiveglia.

Kafka è uno di quegli autori che si amano in giovinezza ma dopo qualche anno si corre il rischio di ripudiarli. I dialoghi interminabili sembrano senza capo né coda. Nel senso che raramente c’è qualcosa che sia così e basta, ma ogni argomento si avvita su sé stesso come una vite senza fine.

Tuttavia la forza di questo libro (che è poi quella dei Classici con la “C” maiuscola) sta nella sua tremenda attualità trasfigurata nel labirinto della burocrazia; non per niente l’aggettivo per indicare una situazione da cui è impossibile uscirne è, appunto, “Kafkiana”!

C’è una costante ricerca della libertà da parte del protagonista K. ma in un modo o nell’altro tutto e tutti congiurano contro di lui per impedirgli di raggiungerla, persino la stanchezza fisica.

“Il Castello” è un’opera che trasmette ansia, è difficile ma non pesante: potrebbe sembrare un paradosso ma è così.

La sua mancanza di logicità si spiega col fatto che è stato pubblicato postumo: “Il Castello” è una bozza con la sequenza dei capitoli scelta dall’amico Max Brod; per verificare la differenza di impostazione basta confrontarlo, per esempio, con “Il Processo”.

Un altro spunto interessante è l’incapacità, da parte di alcuni personaggi, di capire chi sono realmente, un po’ come succede a noi al giorno d’oggi: a forza di auto psicanalizzarci aumentiamo la confusione che poi si riflette all’esterno.

A parte K. che combatte ostinatamente la sua battaglia contro un muro di gomma, l’unica figura che compie concretamente un atto di coraggio è Amalia, capace di strappare una lettera in cui le si intimava di acconsentire ai desideri di un oscuro funzionario: sarà un atto gravido di conseguenze per lei e la sua famiglia.

Quasi tutti i personaggi vivono, anche per futili motivi, un’altalena di emozioni che passano dall’euforia alla depressione, un po’ come succede nella vita di tutti i giorni.

Va da sé che per leggere “Il Castello”  ci vuole impegno da parte del lettore, perché è come consultare un archivio dove si possono trovare centinaia di situazioni in cui riconoscersi; basti pensare, per esempio, alla distanza infinita tra il castello e gli abitanti del villaggio, paragonabile a quella tra Dio e gli uomini, compresi i numerosi intermediari.

Il linguaggio di Kafka nasconde dei messaggi, è un flusso costante di coscienza senza freni quasi fosse una seduta psicanalitica: il luogo della Coscienza non è il luogo del Reale, sembra dirci Franz Kafka.

Per la prossima volta, Giovedì 13 Febbraio, sotto la lente di ingrandimento metteremo: “Colazione da Tiffany” di Truman Capote

 

 

12/12/2024

In questo incontro ciascun membro del gruppo ha presentato un libro diverso dall’altro con esiti comprensibilmente contrastanti. Descrivere in questa sede i vari e numerosi commenti si rivelerebbe noioso per cui citeremo, magari poco democraticamente, solo quelli dei libri apprezzati.

Per gli altri: “Un’amicizia” di Silvia Avallone, “Non vi lascerò orfani” di Daria Bignardi, “Il terzo gemello” di Ken Follett, “La prigioniera” di Marcel Proust, diciamo che non sono piaciuti tout court.

Cominciamo con: “La notte di fuoco” di Eric-Emmanuel Schmitt: intenso, pur nella sua brevità, perché pone delle domande importanti senza imporre risposte assolute.

“Il bambino” di Fernando Aramburu è semplice e , allo stesso tempo, complesso, intriso di grande emotività.

“Pesci piccoli” e “Cinque blues per la banda Monterossi” di Alessandro Robecchi sono leggeri e piacevoli.

“Profondo come il mare e leggero come il cielo” di Gianluca Gotto parla a tantissime persone con una scrittura espressiva e veloce.

“Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi è illuminante per capire come con la cultura si possa mantenere la libertà di pensiero pur vivendo sotto un regime dispotico.

“Tutto chiede salvezza” di Daniele Mencarelli: uno squarcio sulle storture ed indifferenze presenti in un reparto di psichiatria.

“Una donna” di Annie Ernaux: è facile condividere l’esperienza dell’autrice e provare empatia per lei per la perdita della madre.

“Qui è proibito parlare” di Boris Pahor: da gustare in pieno per la sua scrittura elegante e descrittiva.

“Il suggeritore” di Donato Carrisi; l’autore non ha nulla da invidiare ai colleghi stranieri più famosi di lui: un giallo estremamente coinvolgente.

“La vasca del Fuhrer” di Serena Dandini: la vita della fotografa Lee Miller descritta in modo magistrale.

Per la prossima volta tutti sono stati concordi di ritornare allo schema tradizionale: leggere e commentare lo stesso libro per tutti. Quest’anno cade il centenario della morte di Franz Kafka e per Giovedì 9 Gennaio 2025 porteremo: “Il Castello” e qualcosa da bere e da mangiare per festeggiare il nuovo anno.

Buone feste a tutti!                                                             

Michele e Mara

 

14/11/2024

L’incontro odierno è diverso dal solito perché comincia con la presentazione di un nuovo libro: “Il vento busaron” di Roberta Luberti, prematuramente scomparsa nel marzo scorso.

I suoi numerosi amici si stanno prodigando per far conoscere un po’ ovunque quest’opera autobiografica che inizia con un crescendo di violenze psico-fisiche in ambito familiare e finisce con una bella luce di speranza e di fiducia nella vita.

La relatrice, la brava Lia Repetti, è venuta a trovarci dalla provincia di Firenze per raccontarci la genesi di questo libro, dalla sua ideazione fino alla sua realizzazione.

“Vento busaron”, in dialetto piemontese, significa: “Vento ingannevole” come il padre di Roberta che, invece di proteggerla e difenderla, ha abusato di lei e della sua innocenza.

Nonostante questa terribile esperienza, Roberta ha avuto la forza di costruirsi una vita gratificante da tutti i punti di vista aiutando, tramite la sua professione di psicoterapeuta,  gli adulti e i minori che hanno subito violenze; fondamentale, poi, è stato l’incontro con persone che l’hanno amata e aiutata.

Il ricavato delle copie che verranno vendute nelle presentazioni, andrà interamente al Centro Anti Violenza Artemisia di Firenze di cui Roberta Luberti è stata fondatrice e collaboratrice.

Per restare in tema, gli amici del Gruppo di lettura avevano letto il libro: “La forza di una madre” di Sara Conci, presente qui in biblioteca nella Sala P.Piatti assieme a molti amici e conoscenti che hanno voluto partecipare al nostro piccolo evento.

Per una volta non è stato il valore artistico del libro a essere messo sotto la lente di ingrandimento dei nostri attentissimi lettori ma il suo filo conduttore: la violenza sulle donne.

La discussione e gli interventi a cascata che sono metaforicamente piovuti da molti presenti rappresentano la consapevolezza tangibile che non si deve più tacere, bisogna alzare la voce e l’attenzione per strappare il velo di omertà che spesso avvolge queste tragedie e moltiplicare le sentinelle ed i campanelli di allarme prima che queste avvengano.

Sara Conci è una testimonianza vivente di quello che si deve sopportare quando un uomo supera il limite del rispetto: da più parti oggi si sono levate voci di sostegno e di ammirazione per il suo coraggio.

Occorre fare rete tra le persone e rafforzare le relazioni sane.

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: un’occasione in più per ribadire un cambio di cultura che dica: “No!” a qualsiasi forma di sopraffazione nei confronti ,appunto, delle donne e dei minori.

Per il prossimo incontro di Giovedì 12 dicembre abbiamo pensato ad una Lotteria Libresca: ciascun membro del Gruppo di Lettura presente oggi ha proposto un libro o un autore; un soggetto anonimo ha estratto a sorte il destinatario della proposta, per cui ognuno di loro leggerà un libro inaspettato: che cosa succederà il 12 dicembre?

Ci sarà da divertirsi!

 

 

10/10/2024

Come ospite gradita e brillante, Chiara Turrini, ha raccontato da par suo, con una serie di aneddoti gustosi, la partecipazione al film “La vita accanto”, di Marco Tullio Giordana. Tratto dal libro omonimo di Maria Pia Veladiano e letto da tutti i componenti del Gruppo di Lettura presenti, che non si sono certo fatti pregare quando l’attrice ha chiesto il loro parere sul libro e, per chi l’ha visto, sul film.

Il lavoro della Veladiano è apparso discontinuo, con capitoli che ne esaltano la bravura e altri che appaiono didascalici; una scrittura comunque lieve, priva di esagerazioni e capace di trasmettere il peso del pettegolezzo nella vita delle persone.

C’è chi ha amato di più il film, grazie alla bravura del regista che ha trovato una chiave di lettura più realistica rispetto al libro; illuminante la frase della protagonista, la sfortunata quanto talentuosa Rebecca, quando afferma: “L’odio è per chi non capisce”.

Nel libro le figure della tata e del padre si comprendono pienamente solo alla fine. Quest’ultimo, però, non è stato all’altezza del suo ruolo pur essendo una persona istruita e professionalmente ben inserita.

Non poteva mancare chi ha bocciato senza appello il libro per la confusione nella collocazione storica e per l’incerta caratterizzazione dei personaggi; per non dire dell’opprimente senso di ansia trasmesso da figure faticose e problematiche che, forse, non si è più abituati a frequentare.

Qualcuno ha preferito il libro al film perché il tempo della lettura consente di mettere a fuoco meglio le situazioni, operazione più difficile quando si deve inseguire le immagini; eppure c’è chi rifiuta il confronto, perché la scrittrice ed il regista hanno avuto due obiettivi diversi e pure il titolo si presta a diverse interpretazioni.

Per concludere l’insegnamento che potrebbe scaturire da entrambe le opere è questo: “La cura delle relazioni può salvare l’Umanità”.

Piuttosto ricco è il programma per il prossimo incontro di giovedì 14 Novembre. Gli amici dell’autrice Roberta Luberti, scomparsa da poco, presenteranno il suo libro: “Il vento busaron” edito da Pendragon. Una storia delicata e forte al tempo stesso il cui filo conduttore è il coraggio.

Parallelamente ai componenti del Gruppo di Lettura è stato suggerito di leggere: “La forza di una madre” di Sara Conci che, speriamo, sarà presente all’incontro.

Entrambi i libri saranno propedeutici per confrontarci su un argomento delicato in vista del 25 novembre, data in cui si celebrerà la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

 

12/09/2024

Dopo una doverosa pausa estiva, il gruppo si è ritrovato con rinnovato entusiasmo, complice la lettura di un gran bel libro e l’ingresso di un paio di nuovi componenti a cui è stato dato un caloroso benvenuto!

“Le stelle si spengono all’alba” di Richard Wagamese è stato apprezzato dai più per le molte sfaccettature che si dipanavano nel corso della narrazione. Sullo sfondo c’è una natura bellissima e selvaggia che pretende rispetto, come fosse una chiesa in cui si entra in silenzio con tutti i sensi estremamente vigili.

C’è un ragazzo di sedici anni con una maturità da adulto, forgiata da un’educazione che oggi definiremmo “montessoriana”, impartita da un vecchio la cui identità si svelerà in un finale sorprendente.

C’è un padre, schiavo dell’alcool con un passato ingombrante di ricordi ed esperienze amare, che intraprende l’ultimo viaggio accanto a quel figlio sedicenne desideroso di capire e di conoscere le proprie origini.

Qualcuno del gruppo si è informato sulla biografia dell’autore scoprendo così, come capita spesso, delle forti analogie tra la sua vita ed il romanzo, al punto da essere quasi autobiografico.

Si comprende così l’eccessiva maturità del giovane protagonista che si muove, pensa e parla come un adulto e cioè: come l’autore.

Le fosche immagini di periferie degradate abitate da relitti umani richiamano, come un triste eco, la tragedia dei nativi canadesi a cui la “civiltà” ha portato quasi sempre sofferenza; sembra come se la Natura, le tradizioni e le origini offrano ancora un mondo sicuro in cui rifugiarsi.

L’interrogativo diretto che è sorto tra i presenti è: alla fine il figlio ha perdonato il padre?

Qualcuno ha risposto: “Sì: il perdono c’è stato”. Qualcun altro afferma: “No, ma c’è stata comprensione”. Un altro ancora chiede: “Ma secondo voi: che cos’è il perdono?”.

Si capisce quindi che il tono della conversazione si fa sempre più raffinato a onore di tutti i partecipanti, per cui non solo “il Racconto è terapia” ma anche il confronto!

Ci rivedremo giovedì 10 Ottobre dopo aver letto: “La vita accanto” di Maria Pia Veladiano. Avremo come ospite speciale l’attrice Chiara Turrini che ha avuto una parte nell’omonimo film di Marco Tullio Giordana.

 

11/07/2024

I romanzi di Sara Rattaro. Incontro ridotto a pochi partecipanti quello di ieri, ma non stupisce visto il periodo. Ci sono pervenute comunque alcune recensioni via mail che abbiamo potuto commentare.

I membri del gruppo si sono cimentati nella lettura di diversi libri dell’autrice Sara Rattaro e, salvo alcune eccezioni, il giudizio è praticamente unanime e non generoso.

Lo stile di scrittura, seppur scorrevole, è stato trovato superficiale, monotono, talvolta banale. I personaggi non hanno un vero spessore, paiono stereotipati e privi di quelle contraddizioni e moti dell’anima che rendono solitamente vivace una narrazione.

L’autrice, attiva principalmente nel settore della narrativa per ragazzi e giovani adulti, non convince proprio alla prova del romanzo per adulti, piatto e privo di guizzi.

Il libro proposto per il prossimo incontro è “Le stelle si spengono all’alba” di Richard Wagamese. Poiché il secondo giovedì del mese di agosto cade il giorno di ferragosto, proponiamo di rivederci giovedì 12 Settembre

 

13/06/2024

“Il Regno” di Emmanuel Carrere è una bomba a orologeria che passa di mano in mano a ciascun componente del gruppo che, a modo suo, la fa metaforicamente scoppiare. Perché ognuno ha il suo vissuto personale che condiziona (eccome!) la lettura di questo libro.

La narrazione della nascita del Cristianesimo è materia delicata da maneggiare e lo si è visto dalla serietà e, a volte, dall’impeto con cui i nostri lettori hanno espresso il proprio giudizio.

È un romanzo? È un saggio? Carrere è bravo o è un saccente? È serio o è un millantatore? Racconta con gli occhi dei moderni o con i suoi occhi? E ancora: è uno scrittore o è uno sceneggiatore? O cosa?

Queste e altre domande di questo tenore sono emerse da una critica pungente e priva di sorrisi che ha accolto la proposta di un mese fa, quando qualcuno l’aveva lanciata per muovere un po’ le acque, con il risultato di provocare un piccolo maremoto!

Ma qui sta il bello: scuotere le coscienze attraverso la lettura di un libro: indignarsi, provare fastidio, arrabbiarsi, essere punti sul vivo ma anche entusiasmarsi per un autore che si è messo completamente a nudo nei suoi dubbi e nella sua disarmante umanità.

C’è chi ha la Fede e chi non ce l’ha: questo cambia completamente il punto di vista del lettore di fronte a “Il Regno”, come pure l’approccio letterario: va letto come un’opera narrativa o come il risultato di una ricerca storica?

Per la prossima volta siamo stati tutti concordi di puntare su qualcosa di più leggero ma non meno profondo: invece di commentare un libro singolo parleremo di un autrice che è stata ospite presso la Biblioteca di Pergine qualche settimana fa: Sara Rattaro.

Data la sua notevole produzione letteraria ciascun membro del gruppo di lettura presente in questa sede avrà un libro diverso dall’altro, ma sempre della stessa autrice, e vedremo che cosa succederà giovedì 11 Luglio!

 

09/05/2024

“L’isola degli alberi scomparsi” di Elif Shafak conferma le indubbie capacità dell’autrice turca, che avevamo incontrato parecchi mesi fa, seppur sopravvalutata da qualche critico. È piaciuto un po’ a tutti, naturalmente in diversa misura, destando comunque delle perplessità. Per esempio sull’umanizzazione della pianta di fico attorno a cui ruota questa storia, che si divide tra Cipro e Londra in fasi temporali alterne e non sempre efficaci.

La vicende storiche recenti di quest’isola sono poco o per niente conosciute ai presenti, per cui questo libro ha aperto uno squarcio su una storia drammatica che ancor oggi ha conseguenze nefaste sui ciprioti; il dolore, qui come in ogni parte del mondo, diventa la lingua comune che fa comunicare e spesso affratella coloro che lo vivono.

“L’isola degli alberi scomparsi” è il romanzo di un amore coraggioso dove le radici sono il tema dominante sia fisico che metafisico: qui la Natura è sullo stesso piano dell’Homo Sapiens, un tutt’uno in cui qualunque essere vive, comunica e si relaziona.

A qualcuno questo mix di scienza e letteratura è parso insoddisfacente, cosparso di dialoghi deboli e poco convincenti, però non è facile accontentare tutti. Infatti uno dei meriti di questo lavoro è quello di presentare temi e argomenti importanti senza essere troppo didascalico.

I traumi subiti dai protagonisti attraversano le generazioni e probabilmente ciascuno di noi, magari inconsapevolmente, ne è coinvolto; Ada, la figlia sedicenne di Kostas e Defne, non lo capisce quando, a scuola, si mette a urlare senza motivo: tenterà di spiegarglielo il padre a fine romanzo.

Per inciso soltanto negli anni ’90 alcuni psicologi si sono accorti che la psicologia tradizionale non spiegava né curava alcune patologie ed hanno “inventato” un nuovo ramo chiamato: “Psicogenealogia”.

C’è poi quel delicato passaggio in cui l’autrice fa rinascere Defne nella pianticella del fico a Londra, toccando un altro argomento che meriterebbe molto spazio in una conversazione: la Reincarnazione o la Rinascita. Di sicuro ci vorrebbe maggior consapevolezza sul fatto che ciò che siamo e, soprattutto, ciò che abbiamo è il risultato di una sequenza di azioni coordinate da moltissimi elementi della Natura, compreso l’Homo Sapiens, che si materializza a nostro beneficio.

Tuttavia il fatto che l’Homo Sapiens si sia staccato dalla Natura crea il paradosso per cui si sta meglio e si comunica di più con il Creato piuttosto che con gli Uomini.

Per concludere, nel libro si incontrano diverse situazioni dove le credenze ataviche diventano il rifugio dove trovare una risposta a ciò che non si comprende e qui la discussione vira inevitabilmente verso la religione: serve o non serve?

Per trovare qualche risposta consigliamo a tutti di leggere il prossimo libro: “Il Regno” di Emmanuel Carrere. Ci vediamo giovedì 13 Giugno.

 

11/04/2024

Si può dire che il libro oggetto dell’incontro di ieri, “Le nostre anime di notte” di Kent Haruf, ha messo tutti d’accordo per quanto riguarda lo stile della scrittura, limpido e diretto. Una scrittura priva di ogni elemento superfluo, che va direttamente al cuore. È stata definita una lettura rilassante, che fa riflettere sulla vita e sulle esperienze vissute, suscitando sensazioni di tenerezza e delicatezza.

La discussione si è animata relativamente alla figura del figlio, personaggio profondamente egoista secondo alcuni, secondo altri invece non scusabile, ma meritevole di alcune attenuanti.

Diversi sono i temi toccati: dalla solitudine alla necessità di prendere decisioni e posizioni spesso scomode e in contrasto con la volontà altrui.

Su tutti emerge l’anticonformismo, in particolare della protagonista femminile, che, già vedova e nonna, sfida le regole della società benpensante per ritagliarsi un angolo di doverosa felicità.

Per dirlo con le parole di una partecipante questo libro è un invito a “vivere ora e adesso”.

Il libro scelto per il prossimo incontro giovedì 9 maggio è: “L’isola degli alberi scomparsi” di Elif Shafak

 

14/03/2024

“Lezioni” di Ian McEwan è una bella montagna da scalare, di quelle che ti fanno soffiare all’inizio ma che, alla meta, ti da grandi soddisfazioni: opinione condivisa da (quasi) tutti i membri del gruppo.

Infatti le prime pagine ostiche, pesanti e quasi incomprensibili trovano un senso nel dipanarsi di una vicenda intricata non tanto per l’esistenza del protagonista quanto per lo stile dell’autore; c’è sicuramente del metodo in questo però non è facile capirlo subito.

Il realismo che fa da sfondo al romanzo, accanto alle parti storiche, è forse la cosa migliore di “Lezioni” che descrive la vita di un “uomo senza qualità” vittima di donne che hanno in mano la sua esistenza con un comportamento piuttosto criticabile: in questo caso lo stereotipo femminile è stato ampiamente ribaltato.

“Aspettative frustrate” potrebbe essere il sottotitolo, se si scorre la sequenza di fallimenti che ha collezionato il protagonista: sembra quasi che siano degli alibi creati apposta per non assumersi delle responsabilità.

C’è molta autobiografia in questo romanzo dove Rober Baines / Ian McEwan ha caratteristiche simili a tutti noi; è un uomo sensibile e  le sue esperienze sono le “Lezioni” che si succedono senza troppi scossoni.

Forse è ingeneroso dire che sia senza qualità: Robert è un uomo semplice e positivamente mediocre come il suo essere artista che non riesce a raggiungere le proprie ambizioni.

Il finale è tenero e rassicurante al punto da far pace con il lettore per la fatica fatta all’inizio delle 561 pagine.

La considerazione conclusiva è che dopo aver letto: “Lezioni”, di McEwan non serve leggere altro!

Per la prossima volta, giovedì 12 Aprile, abbiamo scelto un autore più “morbido” ma non per questo meno affascinante: Kent Haruf : “le nostre anime di notte”

 

 

08/02/2024

“L’impronta dei giorni smarriti” di Antonia Dalpiaz. L’incontro di ieri credo sia stato particolarmente gradito data la presenza dell’autrice, che ha potuto chiarire di persona alcuni aspetti e rispondere alle domande dei presenti. Ne è nata una discussione piuttosto vivace in merito a stile di scrittura, personaggi del romanzo e tematiche trattate. È stato vivamente apprezzato lo stile limpido e l’impaginazione stessa del testo, che ha favorito la lettura e l’evoluzione del racconto, con l’avvicendarsi dei personaggi. Secondo alcuni partecipanti tuttavia proprio questo tipo di scelta ha dato al romanzo un taglio quasi “teatrale”, come se fosse pronto ad essere portato sul palco.

Alcune altre riflessioni hanno poi riguardato i personaggi. In primis il protagonista Giulio, freddo e

distaccato, ma forse già pronto al cambiamento; i volti femminili, più o meno significativi, che hanno suscitato commenti diversi e diverse interpretazioni; le figure dei genitori, quasi sullo sfondo, ma che hanno pesantemente condizionato l’intera vicenda.

Su tutto è emerso un giudizio quasi unanime, che potremmo condensare nella frase “nessuno si salva da solo”. La spinta al cambiamento, anche se personale, viene messa in moto e stimolata da una mano tesa, da una riflessione esterna, da frequentazioni che ci indirizzano verso la giusta direzione.

Nel prossimo incontro, giovedì 14 marzo, ci confronteremo sul libro “Lezioni” di Ian McEwan.

 

14/12/2023

“Un gentiluomo a Mosca” di Amor Towles potrebbe risultare un romanzo chiaro e limpido ma non è così: bello per alcuni, meno bene per altri, il che significa che non ha avuto stroncature draconiane.

La forzata reclusione del protagonista nell’Hotel Metropol di Mosca dal 1917 in poi, si è rivelata prolifica di incontri e situazioni insolite ed inaspettate, complice la Rivoluzione Comunista.

La scrittura di Towles è elegante e ironica con riferimenti storici preziosi ed illuminanti ad accompagnare la narrazione. Il conte Rostov appare passivo ed apatico nella sua aristocratica superiorità però qualcuno osserva acutamente che egli non poteva prender posizione se non a rischio della propria incolumità; infatti durante quegli anni colmi di stravolgimenti nessuno poteva dirsi immune dai sospetti e dalle condanne degli apparati di Stalin.

Rostov è un abile equilibrista con una capacità di adattamento non comune. Sa dominare le circostanze e non si tira indietro quando si tratta di affrontare le sgradevoli sorprese della vita; il modo con cui si prende cura di Anna è ammirevole: ce ne fossero tanti padri così!

C’è chi afferma che “Un gentiluomo a Mosca” sia un libro simbolico e metafisico in cui si spiega che la ricerca della libertà è semplicemente dentro di noi: si può parlare di meta-linguaggio?

Certamente però la narrazione “tradizionale” colpisce più di un membro del gruppo per la bellezza di alcune scene che si imprimono nella memoria; non manca qualche osservazione critica secondo la quale il libro sembra privo di trama oppure contiene citazioni un po’ troppo pretenziose ma tant’è: a differenza della società staliniana, la nostra consente la critica di un libro senza correre il rischio di finire in Siberia!!

Il nostro incontro si conclude con un simpatico e spiritoso omaggio alla nostra componente più autorevole: un mattone (vero) e tre piccoli “mattoni”…cartacei!

Dopo una breve discussione sul tema del femmicidio, per il prossimo incontro del 11 Gennaio 2024 viene proposto il libro “Il calice e la spada” di Riane Eisler.

Invece per il mese di Febbraio leggeremo il libro “L’impronta dei giorni smarriti” di Antonia Dalpiaz, con la quale ci confronteremo il 15 dello stesso mese.

 

09/11/2023

Ecco una di quelle situazioni stimolanti che allietano ulteriormente i nostri appuntamenti letterari: ospite graditissimo l’attore Giuseppe Amato, classe ‘81, della Compagnia Aria Teatro di Pergine Valsugana; recentemente ha messo in scena una straordinaria drammatizzazione di “Tonio Kroger” di Thomas Mann.

Da par suo Giuseppe ci ha introdotti nella costruzione di uno spettacolo teatrale partendo dall’elaborazione di un testo, la scelta delle musiche, la gestione delle luci, la ricerca dell’espressione corporea e vocale fino al debutto sul palcoscenico.

Di fronte all’affermazione secondo cui lo scrittore tedesco è un po’ troppo intellettuale in questo libro autobiografico, Giuseppe ribadisce che, al contrario, è umano e tenero: immedesimarsi in lui è stato un atto di profonda empatia basata su un elemento distinto: la fragilità.

Nel libro Tonio pare avulso dalla realtà del suo tempo, figuriamoci come avrebbe potuto esserlo nel nostro: come attualizzarlo dunque? Cercando soluzioni narrative e teatrali per far emergere una storia da raccontare, che è poi lo scopo del nostro ospite.

Infatti nel testo originale mancano aspetti assolutamente indispensabili sul palcoscenico per evitare che il pubblico si annoi, come la voce della coscienza di Tonio oppure la rappresentazione onirica del suo stato d’animo, interpretabile liberamente da ogni spettatore, perché il Teatro è Evocazione.

Il senso del discorso di Giuseppe è questo:

se io voglio vedere tutto guardo un film;

se io voglio leggere tutto, leggo un libro;

se io voglio usare l’immaginazione, vado a teatro.

Mann, come Pasolini, era attratto dalle persone comuni, dalla delizia della mediocrità: il dramma  era strettamente connesso alla sua idea di artista in perenne conflitto con l’incapacità di essere felice come un normale essere umano.

A questo punto Giuseppe entra nel dettaglio della produzione dello spettacolo spiegando, ad esempio, di aver impiegato solo un mese e mezzo per prepararlo, compresa la ricerca dei testi per renderlo più scorrevole e coinvolgente. Fondamentale si è rivelata la sintonia con i collaboratori per far sì che il risultato finale sia diventato soddisfacente e che il lavoro non si sia trasformato in “un’opera museale”!

Il rapporto con il pubblico è indispensabile: senza pubblico non c’è Teatro, è una forma d’arte che si realizza solo con il rapporto Attore-Spettatore.

Il nostro ospite, alla fine, ci ha anticipato il progetto per il 2024: mettere in scena “La leggenda del santo bevitore” di Joseph Roth e si è congedato con l’introduzione di “Tonio” recitata appassionatamente, provocando un caloroso applauso: grazie Giuseppe!!

Ah, dimenticavo: per la prossima volta, giovedì 14 dicembre, riprenderemo in mano: “Un gentiluomo a Mosca” di Amor Towles

 

12/10/2023

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un libro che suscita reazioni contrastanti: “Se i gatti scomparissero dal mondo” di Kawamura Genki subisce ogni sorta di giudizio: leggero, pesante, positivo, negativo, romantico, scurrile, un’altalena che ha reso l’incontro più movimentato del solito!

Oggettivamente il romanzo si presenta male con un titolo così: “Oddio: ancora gatti??” esclama qualcuno facendo riferimento ai recenti libri  che hanno i felini come co-protagonisti (“Pausa caffè con gatti” “Il caffè dei gatti” ecc.).

L’autore si fa malvolere per l’eccessiva leggerezza con cui il protagonista affronta un problema serio come l’avvicinarsi della fine della propria esistenza però si fa perdonare perché il romanzo acquista spessore pagina dopo pagina. È la sua umanità che lo rende empatico anche per la pochezza dell’ex fidanzata che si rivela di una  banalità sconcertante: meno male che si erano lasciati, vien da dire!

È vero che dopo aver letto Lawrence Osborne l’autore giapponese stilisticamente non fa una gran figura; occorre tener presente che di professione Genki lavora nel cinema ed ha messo su carta in modo più che dignitoso argomenti e domande che tutti possono farsi in qualsiasi momento della vita.

Una caratteristica della cultura nipponica è la serenità con cui i giapponesi affrontano l’avvicinarsi della morte e ciò traspare chiaramente in questo libro. E poi: che cosa si farebbe scomparire se si avesse la possibilità di scegliere? E chi siamo noi per deciderlo? Tutto ha una sua importanza a questo mondo anche ciò che appare inutile.

Il limite di quest’opera è che le riflessioni sono poste in modo didascalico, sono domande e argomenti profondi non liquidabili in poche righe, spesso scritte così così.

Eppure questa scrittura chiara e lineare si rivela un aiuto prezioso per addentrarsi in argomenti che potrebbero essere ostici se descritti con un linguaggio forbito, inoltre lo scavo psicologico che fanno i protagonista è lento ma costante: sembra superficiale ma non lo è.

Con decisione qualcuno afferma che la morte non si affronta ma si aspetta e poi: il diavolo in Giappone? È una cosa alquanto bizzarra poiché chiunque abbia un po’ di conoscenza di quella cultura sa che non esiste una tal figura paragonabile a quella occidentale: Kawamura Genki è più adatto a fare il regista che lo scrittore! Però le contaminazioni tra le arti possono essere positive, come nel caso di “Tonio Kroger” di Thomas Mann messo in scena da Giuseppe Amato di Aria Teatro.

Per la prossima volta verrà invitato proprio Giuseppe Amato a spiegare come abbia affrontato questo romanzo per poi trasporlo sul palcoscenico.

In più porteremo la nostra discussione letteraria su: “Un gentiluomo a Mosca” di Amor Towles

Ci vediamo Giovedì 9 Novembre.

 

14/09/2023

Nella polvere” di Lawrence Osborne. La discussione intorno al libro è stata a tratti vivace. In linea generale non è stata una lettura particolarmente apprezzata: non ha convinto pienamente la vicenda narrata, con personaggi spesso stereotipati e privi di spessore psicologico. Il lessico ricco e talvolta ridondante è risultato a tratti faticoso e fastidioso, con ampi momenti descrittivi indubbiamente ben costruiti, ma, alla lunga, noiosi.

Concorde è stato invece il giudizio riguardo ai temi trattati, in primis lo scontro tra civiltà, con il divario molto accentuato tra mondo occidentale, opulento, sfacciato e privo di moralità e la realtà locale, poverissima e succube per necessità. Molto evidenziata nel libro è anche la forte discrepanza sociale tra queste due realtà, costrette a convivere, ma impossibilitate a trovare un punto d’incontro.

Per qualcuno la scrittura è fluida e intrigante; l’autore riesce a farti  immedesimare nel caldo, nella desolazione del deserto e nella desolazione dei convitati; tutto è triste in quella terra desolata. L’analisi degli elementi di crisi emana, secondo me,  anche dalla poca capacità di mettere in discussione le cose del mondo da parte di parecchie persone. 

È stato sottolineato il fatto che questo è un libro sulla colpa, con l’autore che non prende una posizione, ma si limita a descrivere i fatti da lontano.

La polvere, che ritroviamo nel titolo è forse da intendersi come metafora. È una sorta di velo sottile che tutto copre: luce, verità, persone…

La proposta di lettura per il mese venturo è: “Se i gatti scomparissero dal mondo” di Kawamura Genki

Ci vediamo giovedì 12 Ottobre.

 

10/08/2023

In una giornata d’agosto insolitamente fresca il nostro volonteroso gruppo di lettura, corroborato dalla presenza di alcune new entry, si butta a capofitto sulla disamina de “Il serpente maiuscolo” di Pierre Lemaitre.

Per alcuni il titolo è orrendo, forse perché non avevano capito bene a che cosa si riferisse; per fortuna il più esperto di noi ci aiuta a identificarlo nell’Alzheimer che affligge uno dei protagonisti che si rivelerà decisivo per eliminare una volta per sempre la terribile serial killer, che ammazza la gente con F+F ( facilità + ferocia ).

Thriller da ombrellone “Il serpente maiuscolo” è l’opera prima dell’autore francese (e si nota!), si fa leggere con facilità per l’ironia e la leggerezza che caratterizzano una trama degna dei migliori Hard Boiled americani.

Riportare in questo diario le opinioni emerse risulta arduo poiché i pareri tra i presenti sono risultati talmente discordanti che, a un certo punto, pareva che avessero letto libri differenti!

Al contrario “Ci vediamo lassù”, sempre dello stesso autore, ha avuto unanimità di giudizio; vuoi per la maturità artistica vuoi per l’ambientazione storicamente più solida, questo è un  libro da consigliare senza timore di prendere cantonate… letterarie!

La cosa bella di questo incontro è che qualcuno ha proposto di passare una giornata insieme a Mantova in occasione di Festivaletteratura 2023, che si terrà dal 06 al 10 settembre 2023. Per non parlare poi della qualità degli interventi che si stanno offrendo dalle nostre parti, durante la manifestazione Agosto Degasperiano 2023: non solo libri dunque!

Per la prossima volta una storica socia del gruppo ha proposto: “Nella polvere” di Lawrence Osborne. Libro e autore sconosciuto a tutti e, proprio per questo, da conoscere!

Ci vediamo giovedì 14 settembre 

 

 

13/07/2023

La straniera” di Stefan Hertmans. L’autore, poco conosciuto e poco tradotto in Italia, predilige il romanzo storico come forma espressiva. Uomo schivo, di cui esistono poche interviste e altrettanto scarse fotografie, proviene dall’ambiente accademico, ne “La straniera” alterna parti romanzate ad altre più descrittive, in cui ricostruisce gli spostamenti della protagonista, seguendone materialmente il cammino.

Non tutti i partecipanti sono stati conquistati dal testo: lo stile di scrittura, con l’alternanza tra passato e presente, è stato l’elemento più discusso, fonte di fastidio per alcuni (“Una Lonely planet storica”). Vivace la discussione riguardo alla protagonista femminile: donna autonoma, indubbiamente, ma anche consapevole delle proprie scelte? Sicuramente centrale il tema della maternità.

Per il prossimo incontro del Gruppo, il libro proposto è “Il serpente maiuscolo” di Pierre Lemaitre.

In contemporanea i componenti del Gruppo hanno scelto di leggere anche “Ci rivediamo lassù”, sempre di Lemaitre,  primo volume di una trilogia ambientata in Francia a partire dai primi del ‘900.

Noi invece ci rivediamo…il 10 agosto: Buona estate!

 

08/06/2023

La vita davanti a sé” di Romain Gary. Ciò che è emerso dalla discussione è la dimensione quasi leggendaria della vita dell’autore: nativo di Vilnius e scampato, tra pochissimi, alla dura esperienza del ghetto, costretto quindi ad una sorta di diaspora che lo porterà ad attraversare l’Europa; in seguito diplomatico, aviatore e, infine, scrittore. Centrale nella sua vita è la figura della madre, donna forte e determinata che lotterà per la sopravvivenza e l’affermazione del figlio.

Ne “La vita davanti a sé” troviamo molti tratti autobiografici e una figura in particolare che ricorda apertamente la madre. Lo stile della scrittura è molto particolare, quasi fanciullesco, in quanto adattato al punto di vista del protagonista, che è un bambino. Non a tutti è piaciuto tale aspetto ed alcuni dei partecipanti l’han/no anzi trovato piuttosto fastidioso sulla lunga distanza. Infine è stata fatta notare una somiglianza piuttosto sospetta con alcuni personaggi della saga di Malaussène di D. Pennac.

Per il prossimo incontro, previsto per Giovedì 13 Luglio, il libro proposto è “La straniera” di Stefan Hertmans.

11/05/2023

Epepe” di F. Karinthy è inquietante, visionario e piuttosto cupo: il finale lascia una flebile speranza ma pure la delusione nel lettore, per non aver scoperto in quale città fosse finito il protagonista.

È una situazione da far rizzare i capelli ma può succedere a chiunque quando c’è di mezzo l’incomunicabilità e la difficoltà di far capire il proprio pensiero. Ad aumentare il senso di ansia e di oppressione c’è la presenza di una folla che si sposta freneticamente (e maleducatamente) in apparenza senza meta oppure verso figure inquietanti.

In questa città il protagonista vede un palazzo che cresce velocemente giorno dopo giorno: una metafora azzeccata della Torre di Babele: infatti lui è un esperto linguista che conosce molti idiomi ma, ciò nonostante, non riesce a farsi capire da nessuno. Forte della sua preparazione l’autore poteva risparmiarsi alcuni tecnicismi però l’idea che sorregge il romanzo è intrigante  anche se claustrofobica.

È un libro assurdo quasi come quelli di Saramago con una punteggiatura volta a spiegare ripetutamente i concetti; è davvero ammirevole la tenacia del protagonista di andare avanti nonostante debba superare difficoltà enormi, tuttavia la narrazione spesso è noiosa.

La mancanza di empatia tra le persone che abitano questa città misteriosa diventa un’interessante analisi sociologica.

L’acqua è la via d’uscita in un romanzo che parte male ma alla fine lascia qualcosa di buono e questo è un giudizio condiviso un po’ da tutti, tranne qualcuno che lo boccia senza appello.

Di tutt’altro genere è “La camera azzurra” di Georges Simenon: un capolavoro di struttura letteraria.

Questo romanzo “…ha messo in luce come la realtà sia interpretabile in vari modi, che i pregiudizi alterano la nostra capacità di essere imparziali e semplici osservatori: a volte manipoliamo eventi casuali per trovare la conferma a ciò che vorremmo fosse accaduto o che abbiamo la supponenza di sapere che sia accaduto”.

La scena erotica che apre il romanzo è eccezionale! La sensuale Andrea incastra il suo amante, progettando un piano diabolico e facendogli delle domande precise a cui Tony risponde distrattamente, colpevolmente assente di fronte alle circostanze della vita: emerge la sua indole mediterranea.

I dialoghi sono notevoli, impostati con una tecnica impeccabile su piani temporali adatti a raccontare la realtà e la verità.

Riuscire a scrivere in poco tempo libri così intensi significa essere in possesso di una profonda conoscenza dell’animo umano.

Simenon è fluido e efficace; il protagonista del suo romanzo è stato sicuramente superficiale ma alla fine fa un po’ pena. Il climax del libro è magistrale e lascia il lettore col fiato sospeso quasi fino alla conclusione.

Tony è umanissimo: attrazione erotica per Andrea, amore per la moglie, incapace di scegliere; esprime una sorta di autoerotismo perché gode di essere una fonte di desiderio.

Sia pure su livelli diversi “Epepe” e “La camera azzurra” parlano di incomunicabilità intesa come un elemento subdolo, apparentemente innocuo ma  che può provocare situazioni drammatiche ed imprevedibili.

Per il prossimo incontro previsto per Giovedì 8 giugno leggeremo “La vita davanti a sé” di Romain Gary

 

13/04/2023

Se l’acqua ride” di Paolo Malaguti è l’ennesimo elegante tuffo nel mare profondo della Storia e della Memoria; riporta a galla da ogni punto di vista (perché l’acqua è l’elemento naturale su cui scivola il romanzo) il lavoro dei “barcari” conduttori di burci, tipiche imbarcazioni fluviali che trasportavano merci sui corsi d’acqua della pianura veneta.

È un romanzo di formazione dove il giovane Ganbeto passa rapidamente dall’età scolare a quella adulta lavorando come mozzo sul burcio di Nonno Caronte.

Come ha ben scritto un membro del gruppo: “Le relazioni tra le persone sono essenziali, nessuna affettuosità, modi bruschi e secchi nell’educazione dei ragazzi che vengono subito responsabilizzati e immersi nel mondo degli adulti, quasi che la spensieratezza fosse un peccato o uno spreco”.

Siamo a metà degli anni sessanta quando lo sviluppo economico porta profondi cambiamenti rendendo rapidamente obsoleti mestieri come quello di Nonno Caronte che si oppone testardamente ad una modernità che avanza inesorabile.

Il libro non è piaciuto a tutti ma tutti hanno trovato appigli e agganci per scavare nella propria storia e raccontare di sé; addirittura uno dei membri è originario di quelle zone descritte da Malaguti e si è identificato in quel dialetto e in quelle situazioni proprio come se avesse fatto un viaggio nel tempo.

I cambiamenti ci sono sempre stati e sempre ce ne saranno, la differenza sta nella rapidità che ha caratterizzato il nuovo millennio; fa presto l’autore a scrivere che “il cambiamento va dominato” ma l’impressione è che di esso, al giorno d’oggi, ne siamo succubi.

Si fa una digressione nel mondo della scuola e, se c’è un’analogia tra quello di allora e quello odierno, è che entrambi sembrano fuori dalla realtà.

“Se l’acqua ride” è un romanzo che andrebbe letto dai giovani perché essi non vivono le contraddizioni vissute dal protagonista e nemmeno la difficoltà delle sue scelte. Per quel che riguarda le atmosfere l’opera ricorda parecchio i libri di Luigi Meneghello.

Una curiosità: il soprannome del protagonista, Ganbeto, è un anello mobile che serve a congiungere anelli fissi di una catena: metaforicamente il ragazzo è l’anello di congiunzione tra il mondo arcaico del burcio di Nonno Caronte e quello che sta per arrivare a bordo di una Vespa rattoppata.

È una struttura patriarcale, tramandatasi fino agli anni ’80, quella che domina la società di allora quando i giovani e, soprattutto, le donne cominciano a conquistarsi un ruolo dignitoso e autonomo.

Se si vuol fare un paragone con le nuove generazioni, sembra che ai giovani d’oggi manchino quelle figure di riferimento che, invece, sono ben presenti nel mondo descritto da Malaguti; “Cooperazione” e “Condivisione” dovrebbero essere i nuovi valori da sostituire a quelli autoritari e impositivi vissuti dal giovane Ganbeto.

A qualcuno “Se l’acqua ride” non è piaciuto per niente come se Malaguti avesse fatto un’operazione, ben fatta, “da furbo” per ingraziarsi quei lettori ammalati di nostalgia che hanno lo sguardo rivolto al futuro ma dotati di un grosso specchietto retrovisore. Nondimeno ha il pregio di aver stimolato una discussione davvero interessante all’interno del gruppo che si è conclusa con l’augurio reciproco di aver sempre fiducia nei nostri giovani.

 

Comunicazioni di servizio:

Sabato 23 Aprile alle 15.30, presso la gradinata della Biblioteca di Pergine, coloro che hanno letto il libro “Se l’acqua ride” potranno partecipare al curioso Cruci…Romanzo: un cruciverba davvero curioso che riserverà una bella sorpresa!

Il 16-17-18 Maggio presso la Sala Studio della Biblioteca verrà allestito il tradizionale Mercatino dei Libri usati; ai componenti del Gruppo di Lettura verrà chiesta la disponibilità di dare una mano ai bibliotecari per gestirlo.

Per Giovedì 11 Maggio, data del prossimo incontro, si propone la lettura di due libri: “La camera azzurra” di Georges Simenon e “Epepe” di Ferench Karinthy.

  

 

09/03/2023

Due novità :

a)      la bibliotecaria Mara Duiella affianca Michele nella conduzione del Gruppo di Lettura

b)      si inizia alle 16.30 e così si ha più tempo per una discussione che si preannuncia animata sin dalle prime battute.

Le intermittenze della morte” di Josè Saramago o si ama o si odia perché le parole scorrono in una scrittura assurda quanto assurdo è l’argomento: in un certo paese non si muore più; eppure tale assurdità si rivela, nel corso della narrazione,  di una attualità spaventosa: libro davvero azzeccato!

Sembra un testo teatrale che ben si presterebbe per un (lungo) monologo ironico e, a tratti, divertente; rispetto ad altri libri di Saramago, questo è più leggero, coerente con  la tipicità di uno stile assolutamente personale: l’autore conosce bene i registri dell’animo umano e sa come raccontarli.

Ci sono diversità di vedute riguardo al finale del libro: c’è chi dice che sia l’Arte che vince la Morte, un altro afferma, invece, che sia l’Amore; anche stavolta c’è la musica che si affaccia tra le pagine a suggerire più di un’ipotesi.

L’autore portoghese affronta temi scottanti a modo suo con grande profondità: spesso, nei suoi romanzi, è la donna che salva l’umanità.

Saramago è uno scrittore/filosofo che tende a presentare il nostro rapporto con la morte in una sorta di circolarità: come inizia così finisce; la morte è sì un momento di dolore ma anche di liberazione.

Nelle battute finali la morte accetta la nostra umanità facendoci capire che la vita vale la pena viverla. “La morte, senza alcun aiuto esterno, ha sempre ammazzato meno dell’uomo”.

Come in ogni gruppo dove libero è il pensiero, c’è a chi Saramago non piace perché la sua scrittura gli è indigesta; inoltre pone domande che non hanno risposta e questo dobbiamo semplicemente accettarlo. Si può addirittura affermare che se c’è una risposta a una di queste domande significa che la domanda era sbagliata(sic!).

Problematica è la posizione della Chiesa nei confronti dell’assenza della morte: se non c’è la morte non c’è il dogma della resurrezione e quindi tutta l’impalcatura su cui si regge la fede cattolica crolla come un castello di carte.

Occorre però tener distinte la fede e la morale perché quest’ultima esiste indipendentemente dallo status della morte.

“Scherza con i fanti ma lascia stare i santi”: cita questo proverbio chi storce il naso di fronte alla leggerezza con cui si fa dell’ironia su certi argomenti, eppure uno dei momenti più significativi del libro è la riunione semiseria tra i filosofi pro Chiesa e quelli agnostici.

Alla fine la Morte è la sola realtà dove i vivi recitano tra loro trasformando le relazioni in una gigantesca convenzione sociale: forse se accettassimo la morte con naturalezza, vivremmo più in sintonia con la natura.

L’insegnamento che rimane dopo l’ultima pagina de “Le intermittenze della morte” è che dobbiamo onorare responsabilmente il tempo positivo che ci è stato concesso.

Per la prossima volta, Giovedì 13 Aprile, i bibliotecari hanno proposto: “Se l’acqua ride” di Paolo Malaguti.

 

09/02/2023
Le lacrime di Nietzsche” di David Yalom è un’opera riuscita in quanto ha coniugato egregiamente concetti filosofici con elementi narrativi; gli spunti di riflessione presenti nel libro sono talmente numerosi che è risultato difficile condensarli e condividerli in un’oretta di tempo.
Certo, alcune parti sono ridondanti e poco funzionali alla comprensione del tutto, tuttavia il lavoro di Yalom è apparso interessante a quasi tutti coloro che l’hanno letto.
Per chi ama il mondo della Psichiatria questo è un libro intrigante in cui il rapporto tra medico e paziente viene stravolto a favore di una soluzione narrativa davvero indovinata. Le pagine offrono nuove scorribande tra concetti di Speranza, Suicidio, Menzogna e tanti altri, tutti attuali perché insiti nel DNA del genere umano.
Davvero efficace l’uso di alcune metafore come quella di “Spazzare il camino” ovvero: tirar fuori tutto lo “sporco” dentro di sé per sentirsi più leggeri, un po’ come l’effetto benefico del sacramento della confessione. Come si può immaginare la discussione si è accesa ed il tempo è stato davvero tiranno.
Prossimo appuntamento Giovedì 9 marzo alle 16.30, per commentare la lettura di “Le intermittenze della morte” di Josè Saramago.

 

 

13/01/2023
Nel solco di una consolidata tradizione, l’autrice Elena Marino si è presentata con la sua opera prima “Passeggiata nella notte” ed. Bookabook 2022, accompagnata da una brava attrice, Silvia Furlan, che ne ha letto, da par suo, alcuni brani.
L’autrice è stata abile a stimolare la curiosità dei numerosi presenti che da subito, (e senza aver letto una riga del romanzo), hanno posto domande precise e puntuali.
Nel corso dell’incontro molteplici sono stati gli aspetti emersi:
- La stretta correlazione tra le manifestazioni della natura e lo stato d’animo della protagonista.
- La Natura vista come “Altro” fuori dal “Sé” e dalla realtà umana.
- La Natura come forma di salvezza.
È un romanzo molto “visivo”, scritto da chi ha un’ampia formazione teatrale.
La vicenda si svolge in un ambiente familiare nel quale i conflitti sono striscianti, indefiniti ma comunque tossici, dove la manipolazione psicologica diventa una forma di violenza invisibile altrettanto feroce quanto quella visibile.
Prossimo appuntamento Giovedì 9 febbraio alle 17.00, per commentare la lettura di “Le lacrime di Nietzsche” di David Yalom.

 

 

16/12/2022

La sensazione che ha lasciato “Canone Inverso” di Paolo Maurensig è una “dubbiosa incertezza”: qualcuno ha dato la colpa ad un finale frettoloso, un altro si è trovato spiazzato dai tre piani narrativi oppure impreparato ad affrontare il romanzo con la necessaria attenzione che l’epilogo richiedeva.
Magari sarebbe stata necessaria una premessa dell’autore oppure… il fatto è, o potrebbe essere, che il libro è molto scorrevole, forse troppo, per cui è facile distrarsi di fronte a dei passaggi fondamentali per la comprensione del tutto. Ci sono un sacco di immagini efficaci, la passione morbosa per la musica è descritta in modo stupefacente, le pagine sull’immortalità sono avvincenti come inquietanti sono le stanze dove gli allievi della scuola di violino si sottopongono a una disciplina durissima.
Un prezioso aiuto per trovare una chiave di lettura viene dal titolo Canone Inverso: “… poiché è proprio la parte centrale del romanzo, quella in cui si sviluppa la narrazione, che porta avanti il continuo scontro tra Jenö e Kuno: due voci opposte (come il tema del canone musicale appunto) che si rincorrono continuamente tentando di superarsi l’un l’altra senza mai riuscirci, a volte imitandosi e avvicinandosi, altre volte scontrandosi e allontanandosi.” (Ophelia- critica letteraria)
Tra l’altro emerge chiaramente ( o quasi) che la tecnica è la contraffazione del talento, e la ricerca della perfezione diventa una condanna come se fosse una presenza diabolica.
È un romanzo che va riletto almeno due volte, possibilmente con un lungo intervallo di tempo: perché? Il romanzo rimane lo stesso ma è il lettore che cambia!
Nel prossimo incontro, Giovedì 12 Gennaio, incontreremo la scrittrice Elena Marino che ci presenterà il suo nuovo libro: “Passeggiata nella notte” e. Bookabook 2022
Per il mese successivo commenteremo insieme “Le lacrime di Nietzsche” di Irvin D. Yalom, ed. Neri Pozza 2019.

 

09/11/2022

Il Gruppo di Lettura “Come un Romanzo” ha una sede bellissima dentro la nuova “Biblioteca sovracomunale di Pergine Valsugana e Valle del Fersina” (questo è il suo nome completo); ritrovarsi dopo questa lunga pausa è servito per visitare assieme la struttura, commentarne i pregi e i difetti, e conoscerla.

È stata l’occasione per spiegare , sia pur per sommi capi, il lavoro fatto dai colleghi Mariano, Ugo e Patrizia (che era presente), ora felicemente pensionati, per controllare meticolosamente il progetto della nuova biblioteca al fine di trovare tutte le migliori soluzioni possibili per chi ci lavora ma, soprattutto, per chi la frequenta.
Abbiamo visto insieme dove sono collocati i libri, i locali per lo studio e per le riunioni, gli uffici dei dipendenti comunali che si occupano di cultura, dove si trova l’ Archivio Storico, la Sezione Ragazzi, i due piani dedicati alla Sezione Adulti, la zona ristoro, l’auditorium, il tutto camminando tra scale, pianerottoli e tanta gente che, in quel momento, frequentava la biblioteca.
Poi è venuto il momento di fissare un ritrovo: come programma sarebbe il secondo giovedì del mese ma in Dicembre cade l’8 che è festa; abbiamo così concordato di ritrovarci  Giovedì 15 Dicembre alle 17.00, dopo aver letto il libro: “Canone Inverso” di Paolo Maurensig.
Ci sarebbe stato anche lo strudel di Daniela da assaggiare ma ahimè: il tempo è stato tiranno e lo riproporremo la prossima volta!!

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Biblioteca

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Biblioteca Comunale, Piazza Garibaldi, 7, 38057 Pergine Valsugana Italia

Orari al pubblico:

Lun
09:00 -18:00
Mar
09:00 -19:00
Mer
09:00 -18:00
Gio
09:00 -18:00
Ven
09:00 -19:00
Sab
09:00 -18:00
Valido dal 17/10/2022

Ultimo aggiornamento

Ultimo aggiornamento: 17/06/2025 08:36

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